Il welfare aziendale: dalla Olivetti a Google
- Posted by Matteo Milanesi
- On 26 Gennaio 2021
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Cosa hanno in comune l’azienda italiana e il colosso dei motori di ricerca? La cura e l’attenzione verso ciò che li rende grandi: i propri dipendenti.
Erano gli anni del dopoguerra quelli di Adriano Olivetti, imprenditore di Ivrea che ha fatto conoscere al mondo l’omonima azienda fondata dal padre agli inizi del secolo. Questo nome però richiama alla mente immediatamente anche l’idea – totalmente innovativa per l’epoca – che Olivetti stesso aveva di ciò che l’azienda è e del ruolo che le persone al suo interno giocano per il suo sviluppo e il benessere della collettività.
Olivetti e la sua azienda nascono nell’epoca della catena di montaggio, dei lavoratori adibiti a compiti altamente ripetitivi e meccanici, in cui l’operaio è solo un numero, è perfettamente sostituibile, poco specializzato e sicuramente poco attenzionato dal datore di lavoro.
La sua visione, invece, ribalta tutto: Adriano Olivetti ritiene che il lavoratore, ogni lavoratore, sia il reale motore dell’azienda, della sua crescita e anche del suo successo, motivo per il quale comprende che investire nel benessere dei suoi dipendenti è importante tanto quanto investire in infrastrutture, nuove tecnologie e macchinari. L’attenzione per i lavoratori era fondamentale per l’imprenditore di Ivrea che, con largo anticipo sui tempi, introdusse la riduzione dell’orario lavorativo, aumenti salariali, assistenza sociale per i dipendenti e le loro famiglie, assistenza sanitaria e scolastica, istituì una biblioteca all’interno dello stabilimento che fosse accessibile all’intera comunità. L’idea di fondo era che un lavoratore soddisfatto è un lavoratore migliore.
Purtroppo, le idee di Adriano Olivetti non attecchirono nel tessuto imprenditoriale italiano dell’epoca e con la sua dipartita, il barlume del cambiamento si spense. Almeno per ciò che riguarda il nostro paese.
Negli anni recenti però sta tornando sempre più alla ribalta questa attenzione al benessere del lavoratore, soprattutto successivamente alla crisi economica del primo decennio degli anni 2000: con un nome di provenienza decisamente angolofona, viene chiamato welfare aziendale.
Ma cos’è esattamente il welfare aziendale? E quali sono i suoi vantaggi?
Questo viene definito come un insieme di iniziative da parte del datore di lavoro diretta ad accrescere il benessere del lavoratore e della sua famiglia attraverso benefit e iniziative a sostegno del reddito. Questi comprendono una serie di prestazioni che vanno dal rimborso per l’acquisto dei libri scolastici dei figli a tariffe agevolate per l’iscrizione in palestra o ancora a rimborsi per le spese mediche e così via.
Il piano di welfare si può far rientrare nella più ampia categoria della responsabilità sociale dell’impresa che restituisce al lavoratore sotto forma di benefit, appunto, qualcosa di più concreto della remunerazione per il lavoro svolto, rendendo più agevole o accessibile la fruizione o addirittura l’accesso a determinati beni o servizi.
Mostrare questo tipo di interesse e attenzione nei confronti dei propri lavoratori non ha solo l’effetto, appena menzionato, di permettere loro l’accesso a determinati beni o servizi, ma più in generale crea un clima di fiducia dei dipendenti nei confronti del proprio datore di lavoro, migliora la reputazione aziendale, aumenta il benessere del lavoratore (che sarà stimolato a lavorare meglio incrementando così anche la produttività aziendale) e attrae i migliori talenti presenti sul mercato del lavoro.
Facciamo l’esempio di Google, azienda che da diversi anni si attesta tra le prime 10 posizioni della classifica “Best places to work” stilata da Forbes: non solo la sua filosofia è quella di assumere persone positive, dando rilevanza più alle capacità del singolo che all’esperienza, ma l’azienda desidera creare un ambiente stress-free all’interno dei suoi uffici. In che modo? Prevedendo orari flessibili: durante la sua giornata lavorativa un dipendente di Google può prendere pause quando ne sente il bisogno, per ricaricarsi e rimettersi poi al lavoro con più concentrazione. Questo perché il colosso di internet sceglie di dar valore al risultato, alla produttività, più che al tempo passato alla propria postazione.
All’interno degli uffici sono poi a disposizione medici che possono occuparsi dei dipendenti in caso si presenti qualche problematica di salute, i permessi parentali sono tra i meglio pagati attualmente, alle neo-mamme viene permesso di rimodulare il proprio orario lavorativo in base alle esigenze dettate dalla cura del neonato, alle stesse vengono concessi dei bonus economici da poter spendere per l’asilo, per esempio.
Ma non solo: Google offre ai propri impiegati una mensa interna con possibilità di scelta tra le migliori cucine, perché attento alla loro salute, come dicevamo prima, ma anche perché perfettamente cosciente dell’impatto che ha una corretta alimentazione non solo sul benessere delle persone, ma anche sulle performance lavorative. La cura verso i propri dipendenti ripaga infatti in termini di innovazione, produttività, minore assenteismo, minore turnover del personale, riduzione di infortuni e costi conseguenti.
Un lavoratore che sta bene, è in salute, non si deve preoccupare o temere di chiedere un permesso per portare i figli dal dentista, o non si deve preoccupare di come pagare il dentista per il figlio, un dipendente consapevole che il suo impegno viene valorizzato e ripagato, è un dipendente migliore, più felice, più produttivo e più fedele. E diventa anche un consumatore con maggiore potere di acquisto, beneficio che va a vantaggio di tutto il mercato e della società stessa.
Perché il benessere di 1000 lavoratori si moltiplica e diventa il benessere di un’intera comunità, che si moltiplica fino a diventare il benessere del sistema economico e infine di un paese.