Employer branding: reputation vs. reality e l’impatto dei programmi di well-being
- Posted by Matteo Milanesi
- On 26 Gennaio 2021
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Nella ricerca del lavoro, i candidati ormai effettuano tante ricerche sull’azienda quante quest’ultima ne fa su di loro, è quindi fondamentale puntare su una buona reputation per un employer branding di successo. Vediamo come l’adozione di un weel-being program può essere un ottimo alleato!
Si dice che un cliente soddisfatto sia la migliore strategia di marketing e che dire allora di un lavoratore che si sente valorizzato e che condivide i valori aziendali? Questa è la mossa vincente!
Il lavoro, forse oggi ancora più rispetto alle generazioni precedenti, viene visto come mezzo per la realizzazione della propria persona e come tale deve andare a braccetto con le idee, i valori e la vision del lavoratore stesso.
Superata la concezione del lavoro come mera fonte di reddito, in un mercato altamente competitivo, sempre più specializzato e altamente tecnologico, è necessario che azienda e lavoratore siano sulla stessa lunghezza d’onda. Pensate a quelle aziende che come testimonial dei propri spot utilizzano uno o più dei loro dipendenti perché chi, meglio di loro, potrebbe parlare dei punti di forza dell’azienda?
Una ricerca svolta da LinkedIn ha mostrato che il 49% degli intervistati ritiene che il più grande ostacolo nella ricerca del lavoro è non sapere com’è realmente lavorare per un’azienda; l’idea che l’azienda trasmette a riguardo è un elemento chiave nella ricerca del lavoro.
Diventa quindi cruciale puntare sull’employer branding per attrarre talenti all’interno della propria organizzazione. Ma in cosa consiste esattamente? L’employer branding è come il marchio/azienda (brand) viene visto dai suoi lavoratori o potenziali tali.
Questo è costituito essenzialmente da due componenti:
- Come le persone pensano che sia lavorare per l’azienda;
- Come realmente è lavorare per l’azienda.
Il mix per creare un employer branding vincente prevede la giusta dose di reputazione e di realtà, bisogna essere il più obiettivi possibile per mantenere equilibrato il rapporto tra le aspettative che si creano e i fatti. Questo perché se la reputazione aziendale supera di parecchio quella che è la quotidianità dell’ambiente di lavoro, le persone potrebbero desiderare di farne parte e poi, una volta entrate, rendersi conto che non corrisponde affatto alle aspettative, decidendo così di andarsene.
Chi è alla ricerca di un lavoro, al giorno d’oggi, fa ricerche sulle aziende tanto quanto le aziende stesse fanno sui possibili candidati. E’ quindi facile capire come un employer branding negativo impedisca di attrarre a sé i talenti migliori.
Ma che cosa si può fare per promuovere la propria immagine aziendale di ambiente all’interno del quale persone motivate, talentuose e creative vorrebbero lavorare? Alcuni sostengono che un programma di wellness aziendale sia alla base di un buon piano di employer branding: questo permetterebbe di distinguersi dai competitor dimostrando di supportare attivamente il benessere dei lavoratori, soprattutto in un’epoca in cui, per il tramite delle tecnologie, non stacchiamo mai veramente dal lavoro e le situazioni di forte stress e di burnout sono sempre più frequenti.
Le organizzazioni con un buon piano benessere, che comprenda non solo benefit come esami medici in strutture convenzionate, riduzioni per iscrizioni in palestra ecc., ma anche iniziative interne all’azienda come giornate dedicate alla corretta alimentazione, gruppi di stretching, formazione in materia di gestione dello stress e work-life balance tendono ad avere dipendenti più felici e soddisfatti, dipendenti che restano a lungo in azienda e che diventano i suoi migliori sponsor. Questo veicola un’immagine aziendale migliore, più accattivante, creando di conseguenza una reputazione attraente e invitante per i talenti in cerca di lavoro.